È venerdì 25 aprile, mi alzo presto, mi siedo alla scrivania e celebro, come ormai mi capita di frequente, il mio giorno della Festa della Liberazione.
…Ho tutta una giornata davanti.
Slego il plico, li divincolo dagli elastici e li stendo davanti. Ho il sentiero disegnato e preciso: 26 compiti; ho tutta una giornata intera per leggere, correggere, rileggere e valutare.
Sono un pubblico ufficiale di questa Repubblica, che è figlia legittima e diretta di quel venticinque aprile; onoro entrambi nello stesso modo in cui oggi lo farà un mio collega, un medico, un carabiniere: faccio servizio.
Scorrono le ore e ogni tanto, con un po’ di sorpresa, mi sgorga dentro il canto di “O bella ciao”, ma é sempre più raro; qualche volta invece mi si alza il pugno, poi crolla e mi si percuote sulla pagina di uno scritto, sempre meno corretto, sempre più illogico, rarefatto o sfatto. E poi rosso, rigorosamente rosso: è il segno e il colore di tutto questo giorno.
Se tengo duro, mi tengo concentrato, ora di sera, la mia piazza mi si apparecchia davanti, con gli stendardi delle correzioni, tutti i nomi degli astanti squadernati in bella vista… e da lì, i loro volti, le loro storie. Spero tanto di aver fatto un buon lavoro e che, anche per oggi, grazie alla scuola, un po’ di libertà si sia fatta innanzi; è vero, non sono andato in manifestazione, ho solo corretto dei testi argomentativi. Però dentro me, davanti a quella piazza, mi sembra giusto urlarlo: viva la liberazione, viva il 25 aprile, viva la Repubblica italiana!
…Mentre raccolgo i compiti, li riavvolgo negli elastici, con un po’ di soddisfazione, tra me e me, lo dico: viva la scuola.
Luca